COSENZA::: Scena iniziale. Salvatore Perugini abbraccia Franz Caruso. I due parlano per qualche secondo, con il primo che rende omaggio (lo farà più volte nel corso della serata) al secondo per «il coraggio» avuto nel fare un passo indietro. Il colpo d’occhio è buono per l’esordio del sindaco in questa nuova campagna elettorale. Niente frasi ad effetto: “Cosenza senza slogan” è il messaggio scelto dai comunicatori di Perugini. Che entra in sala sulle note della “canzone popolare” di Fossati in omaggio ma soprattutto con la speranza di ripetere la stagione dei successi dell’Ulivo di Romano Prodi. Ed è proprio a quello spirito che Perugini si appella perché «comunque vada, a Cosenza avviamo la creazione di un polo riformista».Un polo di cui fanno parte molti amici di vecchia data del primo cittadino. Da Franco Covello (con figlia al seguito) ad Annamaria Nucci, da Mario Maiolo a Franco Santo (col figlio a un tiro di schioppo). Orgoglio democristiano in primo piano, ma non solo. L’anima socialista fa la sua buona figura: Gianni Papasso e Luigi Incarnato occupano la prima fila, Caruso siede in settima. Sull’altra sponda fanno capolino i dirimpettai rendesi: Sandro Principe e Umberto Bernaudo. Più defilati gli ex comunisti. Nicola Adamo, scortato dal fido Manuel Mascaro Aiello, occupa le retrovie. Poco più dietro Gabriele Petrone e Marco Ambrogio non lo perdono mai con lo sguardo. Fa la stessa cosa Franco Ambrogio. Pietro Midaglia osserva attento le mosse degli alleati. Passa Raffaele Zuccarelli. Ma non sente, non vede. Sta con i pensieri suoi. Anzi con i sondaggi suoi: «Andiamo al ballottaggio contro Occhiuto e vinciamo!».
Perugini, intanto, infiamma (strano ma vero) la platea: «Siamo uomini liberi e non abbiamo, come altri, scheletri nell’armadio». Non si fatica poi tanto a capire contro chi è rivolto l’affondo. Il discorso del sindaco (implementato in corsa con le “soffiate” del portavoce Raffaele Zunino) assomiglia a un crescendo rossiniano: «Il vero Pd sta da questa parte». Ogni riferimento a Mario Oliverio e Carlo Guccione è puramente voluto. Finale con standing ovation.
Poi, fuori, nella penombra, su corso Mazzini, tutti a fare le “vasche”. Adamo e Maiolo parlano fitto fitto. Si isolano dagli altri. Covello, da vecchia volpe, non li lascia scappare. Si avvicina pure Perugini: sorrisi e pacche sulle spalle. La prima è andata.